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venerdì 29 aprile 2022

Giro d'Italia 1937: il secondo trionfo di Bartali

Il Giro d'Italia del 1937, con partenza e arrivo a Milano, durò diciannove tappe e fu vinto, per la seconda volta consecutiva, da Gino Bartali. Quando non aveva ancora compiuto 23 anni. Il formidabile corridore toscano, che conquistò anche la classifica del miglior scalatore, vinse quattro tappe: la cronometro individuale del Terminillo e poi a Foggia, a Merano e a Gardone Riviera. Nella sedicesima tappa, da Vittorio Veneto a Merano, 227 km, i ciclisti affrontarono per la prima volta la durezza e le infinite suggestioni delle Dolomiti. In classifica generale, Bartali inflisse al secondo, Valetti, un distacco di 8'18", lasciando il terzo, Mollo, a 17'38". Da ricordare i tre successi di tappa di Aldo Bini. Dopo il Giro, Bartali cercò l'impresa di vincere anche il Tour de France. Sarebbe stato il primo, onore invece toccato a Coppi, dodici anni dopo, nel 1949. Fu la sfortuna ad impedire a Bartali la grande accoppiata: cadde dentro un torrente in maglia gialla, durante l'ottava tappa da Grenoble a Briancon. E fu successivamente costretto al ritiro. Al Tour, Gino Bartali, si sarebbe trionfalmente imposto l'anno successivo. Secondo italiano dopo Ottavio Bottecchia, che si era aggiudicato le edizioni 1924 e 1925 della Grande Boucle.




lunedì 18 maggio 2020

Tour de France 1920: l'ultimo sigillo del belga Thys

Si è tanto discusso, e giustamente, dei successi che la Seconda Guerra tolse a Coppi e, soprattutto, a Bartali. Ma, quante vittorie, la Grande Guerra del '14-'18 tolse al corridore belga Philippe Thys? Parliamo di un campione assoluto, che si era aggiudicato le edizioni del Tour de France del 1913 e del 1914. Alla ripresa, nel 1919, fu costretto al ritiro durante la prima tappa.


Nel 1920, vinse il suo terzo Tour, il primo a riuscirci nella storia della Gran Boucle: un primato che avrebbe detenuto da solo fino al tris di Luison Bobet nel 1955 e prima di essere, più avanti, superato da Anquetil, Merckx, Hinault e Indurain.


Nell'edizione del 1920, Thys prese la maglia gialla nella seconda tappa da Le Havre a Cherbourg e la tenne fino a Parigi, forte di quattro successi parziali. Precedette il connazionale Heusghem di quasi un'ora. Nove, sui primi dieci della classifica generale, furono belgi. Un dominio pressoché assoluto, mai più ripetuto. E pensare che, dal 1978, nessun corridore belga sale più sul podio di una grande corsa a tappe!

Dopo di allora, Thys, ormai trentenne, non seppe più ripetersi. Nel 1925, come gregario di Ottavio Bottecchia nell'Automoto, corse il suo ultimo Tour, ritirandosi nella nona tappa. 

mercoledì 6 maggio 2020

Tour de France 1965: l'impresa di Gimondi

Il 1965 fu un anno d'oro per il ciclismo italiano. Vittorio Adorni aveva conquistato il Giro d'Italia e intendeva correre il Tour de France con ambizioni di classifica, forte di una squadra solida, alla quale, in sostituzione di Babini, venne al'ultimo aggregato il giovane Felice Gimondi, classe 1942. Le speranze francesi erano appuntate su Poulidor, vista l'assenza di Anquetil, l'elegantissimo campione normanno che aveva portato a cinque il numero dei Tour conquistati. Allora primato assoluto, poi eguagliato da Merckx, Hinault e Indurain. Gimondi vinse la terza tappa da Roubaix a Rouen e vestì la maglia gialla, che perse a La Rochelle e riconquistò due giorni dopo sui Pirenei, dopo la frazione che giungeva a Bagneres-de-Bigorre. L'avrebbe tenuta sino a Parigi, ormai capitano unico dopo il ritiro di Adorni, annettendosi le due cronometro del 10 e del 14 luglio, festa nazionale francese e tappa  finale celebrativa da Versailles a Parigi. Vani furono gli assalti al suo primato portati da Poulidor in salita, specialmente nella durissima tappa del Mont Ventoux, la cima cara al Petrarca: Gimondi quel giorno rischiò di saltare per voler rispondere agli scatti di Jimenez, Motta e Poulidor. Non saltò, però, offrendo la prima delle molte prove di straordinaria tenacia che avrebbero distinto la sua carriera. Per Poulidor sarebbe stato il secondo di otto podi al Tour, senza mai, durissima beffa del destino, indossare una sola maglia gialla. Gimondi riportava un italiano in trionfo a Parigi, dopo i successi di Bottecchia (1923, 1924), Bartali (1938, 1948), Coppi (1949, 1952) e Nencini (1960). Per rivedere un italiano in cima alla classifica del Tour de France, sarebbero poi trascorsi 33 anni, con la vittoria di Pantani del 1998. Oltre al primo posto di Gimondi, ci fu il terzo di Gianni Motta, che sarebbe stato il suo grande rivale italiano per molti anni. Da pochi mesi era approdato al professionismo anche un giovane belga, Eddy Merckx, che avrebbe vinto tutto, dappertutto, più di tutti. Costringendo Gimondi a molte piazze d'onore. Ciò non di meno, Gimondi dopo quel Tour del 1965 che lo rivelò al mondo, avrebbe vinto tre Giri d'Italia, una Vuelta a Espana, una Sanremo, una Roubaix, due Lombardia, un mondiale e tanto, tantissimo altro. Nonostante Merckx.
File:Felice Gimondi en 1966.jpg - Wikimedia Commons
Felice Gimondi

martedì 7 aprile 2020

Il Giro dei Paesi Baschi. Bottecchia ed Hemingway

"The Tour de France was the greatest sporting event in the world" (E. Hemingway, Fiesta)
La cronaca è a riposo e possiamo tuffarci nella storia. Del ciclismo e della letteratura. Siamo nei ruggenti anni '20, quelli del jazz e del fox-trot. In Francia, soprattutto a Parigi, sulle due rive della Senna, si radunano intellettuali e sfaccendati, spesso non c'è differenza tra gli uni e gli altri, per lo più sono artisti, pittori, scultori, scrittori, filosofi, attori, cantanti. Alcuni ricchi e svogliati, altri pieni di talento e destinati a lasciare una traccia profonda di sé. Tutti assieme formano quella che Gertrude Stein definirà la generazione perduta, che vive come se non ci fosse un domani, in un perenne stordimento. Sarà Hemingway, americano tra i tanti che allora svernano nella vecchia Europa, a raccontare la festa mobile, incessante e ininterrotta che quella gioventù privilegiata, sono pochi ma rumorosi e influenti, organizza ogni giorno. La Grande Guerra è alle spalle, l'influenza spagnola anche, non esiste o non si avverte il presagio delle altre sciagure che il Novecento ha in serbo per l'umanità. Il romanzo di Hemingway s'intitolerà proprio Fiesta, con sottotitolo illuminante: Il sole sorgerà ancora. E racconta le peripezie di un gruppo di giovani estrosi ed annoiati, che si trascina tra sbronze ed amorazzi, visioni e delusioni, liti e vaghe speranze, grandi opere d'ingegno e comuni meschinità. Da Parigi fino a Pamplona, dove si tiene la Festa di San Firmino, con i tori liberati per le viuzze cittadine. Sede d'arrivo della prima tappa del Giro dei Paesi Baschi nell'agosto del 1925. Bottecchia, già vincitore del Tour de France (il più grande evento sportivo del mondo, si legge nel romanzo) del 1924 e del 1925, è stato costretto al ritiro ed il narratore di Hemingway ne parla il giorno dopo a San Sebastian, traguardo della seconda tappa, con il manager di una squadra. Il ritiro di Bottecchia, corridore italiano ma eroe solo in Francia, ha tolto fascino alla corsa basca. La prima irruzione del ciclismo nella letteratura.

lunedì 28 luglio 2014

Nibali vince il Tour de France 2014

Dopo Bottecchia, nel 1924 e nel 1925, dopo Bartali, nel 1938 e nel 1948, dopo Coppi, nel 1949 e nel 1952, dopo Nencini, nel 1960, dopo Gimondi, nel 1965, dopo Pantani, nel 1998, un altro italiano trionfa al Tour de France, edizione 2014, il suo nome è Vincenzo Nibali: decima vittoria per un italiano al Tour. Già vincitore della Vuelta nel 2010 e del Giro d'Italia nel 2013. L'asso siciliano ha stracciato la concorrenza, lasciando Peraud, secondo, a più di sette minuti, e Thibaut Pinot, terzo, a più di otto minuti. Ha vinto quattro tappe e tenuto quasi sempre la maglia gialla. Un dominio assoluto quello di Nibali, che promette di durare ancora per diversi anni. Nelle grandi corse a tappe, i suoi rivali saranno Froome, Contador, che però ha un certa età per le due ruote, ed i francesi Pinot e Bardet, che si sono fatti apprezzare nel Tour appena finito. Nibali, inoltre, entra nel club esclusivo dei campioni capaci di vincere almeno una volta i tre grandi giri nazionali, Giro, Tour e Vuelta, in compagnia di Anquetil, Merckx, Gimondi, Hinault e Contador. 

mercoledì 1 febbraio 2012

Chi è stato il più grande ciclista italiano di sempre?

La domanda del titolo è di quelle che, ogni tanto, si ripropongono, nel ciclismo, come in ogni sport. E, per solito, si risponde che è difficile formare una graduatoria tra campioni di epoche differenti, che abbiano gareggiato in condizioni difficili da comparare. Ciò è tanto più vero nel ciclismo, perché, in cento e passa anni di storia, sono cambiati stili di vita e metodologie di allenamento, ma, anche le strade, in principio tutte sterrate e, soprattutto, le biciclette, che si sono sempre più alleggerite, che hanno conosciuto i rapporti, che oggi si possono sostituire a gara in corso e prima no e via dicendo. Però, una classifica, tanto per provocare la discussione, provo a stilarla comunque. Chiarendo che i criteri sono soggettivi. Ho dato importanza alla vittorie, per qualità e numero, sicché, è ovvio, il Tour de France vale di più del Tour de Suisse, per varietà, premiando i corridori più versatili rispetto agli specialisti puri e, nei limiti del possibile, tenendo anche conto del valore degli avversari.
Ecco la mia classifica (nei prossimi post, la spiegherò anche):
1. Bartali; 2. Coppi; 3. Binda; 4. Girardengo; 5. Gimondi; 6. Magni; 7. Bottecchia; 8. Bugno; 9. Saronni; 10. Moser.
Che ne pensate?